Spettacoli

Neda, Hanifa e Rose: tre donne contemporanee

Tre voci dalle cronache dei nostri tempi in scena per la prima regionale de “La città di plastica” ai Leggieri di San Gimignano

Tre voci dalle cronache dei nostri tempi. Quelle di tre donne contemporanee: Neda, Hanifa e Rose, interpretate da Claudia Campagnola nello spettacolo di teatro “La città di plastica” Nel giardino dei sogni, in prima regionale sabato 8 febbraio alle 21,30 al Teatro dei Leggieri di San Gimignano (Siena) per la stagione “Leggieri d’Inverno” di Giardino Chiuso.

Scritto a quattro mani da Silvia Resta e Francesco Zarzana, per la regia di Norma Martelli. Scena di Camilla Grappelli e Francesco Pellicano. Suono di David Barittoni. Una produzione Compagnia della Luna.

Dall’Iran, la voce di Neda Salehi Agha Soltan, la studentessa uccisa a Teheran durante le proteste divampate dopo le elezioni presidenziali di Ahmadinejad del 2009 e barbaramente represse dal regime. Grazie alla diffusione di un video amatoriale che ne ha documentata la morte, il suo nome è velocemente diventato un grido di protesta in tutto il mondo, scandito dagli oppositori al regime. In persiano Neda significa "voce" o "chiamata" e per questo il suo nome è diventato la "voce dell'Iran" e il suo volto, un simbolo di tutti i manifestanti per la democrazia

Dall'Afghanistan, la storia di Hanifa. Volti sofferenti e sguardi di paura, sono quelli della schiavitù in cui sono ridotte, poco più che bambine, le donne afgane vendute dai loro padri a mariti troppo vecchi, troppo violenti. È lo strazio di migliaia di giovanissime ragazze che per sfuggire ai matrimoni combinati, scelgono di darsi fuoco. Si cospargono di benzina e si bruciano. Alcune muoiono, altre finiscono ustionate a vita.

È la loro dannata strada per la libertà.

Dal Kenya, l'ultima protagonista: si chiama Rose. Come le rose che lei va a tagliare nelle serre sul lago Neivasha. Le giovani tagliatrici, prive di qualsiasi protezione, sono costrette, per pochi dollari, a respirare polveri tossiche e concimi killer dieci ore al giorno, sotto i teloni trasparenti a più di quaranta gradi. Una città di plastica sorta per il profitto delle multinazionali, che produce tumori e fiori. Fiori che finiscono in occidente, comprati e scambiati come simbolo d'amore.