Cronaca

Violenza in carcere, detenuto picchia poliziotto

Il fatto è stato segnalato dal segretario proviciale della UiLPA Polizia Penitenziaria. L'agente è stato portato in Pronto soccorso

Poliziotto aggredito in carcere da un detenuto. E' accaduto a San Gimignano e ne dà notizia Sorice Pellegrino Stefano, segretario provinciale della UilPA Polizia Penitenziaria

Il detenuto era in videochiamata con un familiare quando il poliziotto gli ha fatto notare che il tempo a sua disposizione era terminato, come previsto dalle normative. Il detenuto ha reagito male: prima ha spintonato il poliziotto e poi gli ha sferrato un pugno al volto. 

"Ancora una volta - rilancia il segretario provinciale - ci troviamo a denunciare la facilità con la quale il personale viene aggredito e la violenza, sia fisica che psicologica, alla quale troppo spesso si è sottoposti, oltre ai disagi causati dalla mancanza di personale e di conseguenza gli ingenti carichi di lavoro. Le motivazioni del reiterarsi di questi atti  - continua - vanno dall’inefficienza del modello custodiale all’insufficienza degli organici del personale e degli equipaggiamenti, nonché alla mancanza di un impianto normativo adeguato che favorisca la prevenzione o permetta la repressione, in forma di deterrente, di tali azioni da parte dei detenuti". 

Quello di San Gimignano, fa notare il sindacalista, "è un carcere che va avanti grazie alla dedizione dei poliziotti penitenziari che ci lavorano ed è attualmente in assenza di una direzione e di un comandante stabile. Questa precarietà di coordinamento è causa anche di mancanze in merito agli impegni contrattuali nei confronti delle sigle sindacali. L’agente aggredito è stato trasportato in pronto soccorso, attualmente in attesa di prognosi. A lui va tutta la nostra solidarietà e l’augurio di una pronta guarigione con la speranza che vengano presi provvedimenti seri nei confronti dei detenuti che dimostrano tali atteggiamenti". 

Il segretario chiede al Ministero della Giustizia di costituirsi parte civile nei procedimenti penali conseguenti alle aggressioni subite dagli operatori, perchè "sarebbe assai singolare e difficilmente comprensibile se il Ministero della Giustizia chiedesse di costituirsi parte civile solo quando i procedimenti sono a carico di operatori accusati di aver malmenato detenuti e non anche al contrario. Ad ogni modo facciamo fatica a immaginare madri e padri di famiglia, che per poco più di mille euro al mese rischiano quotidianamente l’incolumità e vadano sul luogo di lavoro a torturare i detenuti che la collettività ha affidato alla loro custodia".