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Attualità giovedì 28 aprile 2016 ore 15:52

Lavoro, tra dignità e frustrazione

Ai Macelli va in scena lo spettacolo “Lavorare stanca o stanca di lavorare” di Valerio Signorini



CERTALDO — Sabato 30 aprile alle ore 21.30, al Centro “I Macelli” di piazza Macelli 1 va in scena “Lavorare stanca o stanca di lavorare”, una performance teatrale ideata da Valerio Signorini, con Valerio Signorini, Chiara Bollettino, Sara Patti.

“Se mai meritassimo una libertà, essa sarebbe affrancamento dal lavoro, non occupazione sul lavoro” è la citazione, di Carmelo Bene, che presenta questo lavoro teatrale che utilizza, come è nello stile de I Macelli, più mezzi – lettura, video, danza – per raggiungere il proprio obiettivo. Lo spettacolo, alla vigilia del 1 maggio, è infatti una riflessione sul tema del lavoro, per mettere al centro il rapporto ambivalente che abbiamo con esso: il bisogno di lavoro come strumento di vita e mezzo di realizzazione personale, ma anche l'oppressione e la frustrazione che derivano da un'incessante ricerca in momenti come quello attuale.

“Il termine Lavoro, dal latino Labor, indica Fatica – spiegano gli organizzatori – Noi cercheremo di far emergere il paradosso che vede l’uomo da sempre evitare la fatica, o tentare di diminuirla, e al tempo stesso cercare un’occupazione lavorativa, fino al parossismo d’implorarla nei periodi di calo dell’offerta. In particolare in questi momenti il lavoro conferisce senso alla nostra esistenza: faticando guadagniamo dei soldi, meritiamo un posto nella società e da essa siamo riconosciuti. È uno statuto esistenziale: se lavoriamo esistiamo, se non lavoriamo non esistiamo. Non avere oggi un’occupazione crea, come raramente nella storia, un senso di frustrazione ed angoscia che annulla essenzialmente la possibilità di una non-occupazione creativa, profondamente autoformativa. Carlo Rovelli ci ricorda che “Da ragazzo, Albert Einstein ha trascorso quasi un anno a bighellonare oziosamente [...] Se non si perde tempo non si arriva da nessuna parte, fatto che spesso dimenticano i genitori degli adolescenti. [...] Pochi anni dopo, nel 1905, aveva spedito tre articoli in un’unica busta alla principale rivista scientifica del tempo, gli "Annalen der Physik". Ciascuno dei tre valeva un Nobel.”


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