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PENSIERI DELLA DOMENICA — il Blog di Libero Venturi

Libero Venturi

Libero Venturi è un pensionato del pubblico impiego, con trascorsi istituzionali, che non ha trovato niente di meglio che mettersi a scrivere anche lui, infoltendo la fitta schiera degli scrittori -o sedicenti tali- a scapito di quella, sparuta, dei lettori. Toscano, valderopiteco e pontederese, cerca in qualche modo, anche se inutilmente, di ingannare il cazzo di tempo che sembra non passare mai, ma alla fine manca, nonché la vita, gli altri e, in fondo, anche se stesso.

DIZIONARIO MINIMO: Cristoforo Colombo

di Libero Venturi - domenica 13 agosto 2017 ore 08:00

Cristoforo Colombo scoprì l'America e, anche se credeva che fossero le Indie occidentali, la scoperta vale. Era nato a Genova tra il 26 agosto e il 31 ottobre 1451. Giovane marinaio, capitano di navi mercantili, navigò per mari in lungo e largo, maturando l'idea dell'esistenza di una terra oltreoceano. Riuscì a convincere, dopo un’interminabile disputa, gli spagnoli e la Regina Isabella di Castiglia ad armare tre velieri, detti caravelle. Cercavano la via marina verso l’Asia per seta e spezie, invece trovarono nelle Americhe un imbarco per patate e pomodori. Lì per lì deve essere stata una delusione. In seguito, ai tempi dei conquistatori Cortés e Pizarro, non soddisfatti, decimarono i nativi con armi da fuoco e malattie infettive. Praticamente il primo uso, sia pur inconsapevole, di armi batteriologiche. In compenso lasciarono loro la croce ed il cavallo.

Maja, Aztechi, Inca e altra gente di pelle rossiccia -che si chiamarono indiani sempre in virtù dell'errore di cui sopra- c'erano già e quindi, semmai, l'America l'avevano scoperta prima loro, anche se non si rendevano conto che fosse proprio l'America. Erano civiltà antiche, ma piuttosto primitive, magari se lo avessero saputo, chissà. Ma, come tutti sanno e purtroppo per loro, non andò così. Anche nella storia, come nella vita, c'è sempre qualcuno più forte, più intelligente o più furbo che arriva dopo e ti frega l'affare, il business per l'appunto. Specie nella terra delle opportunità e dei self-made-men. Ma anche nel Bel Paese, pensiamo al Matteo nazionale e a #Enricostaisereno. E, per la verità, nemmeno al povero Cristoforo andò così bene, quanto alla sua scoperta. Lui si dovette accontentare della Columbia, intesa come stato e come università, nonché del Columbus Day, che sempre festa nazionale è. Però il nome America si riferisce ad Amerigo Vespucci, altro formidabile navigatore, sostenuto da spagnoli e portoghesi, che esplorò successivamente quelle terre. E quindi anche per Colombo valse la regola di quello che viene dopo di te, ma ti frega lo scoop.

Comunque, tornando a Colombo, a guidarlo fu la convinzione che, essendo la Terra una sfera, se si prende da occidente o da oriente si arriva necessariamente nel solito posto. O anche in un altro, possiamo aggiungere ex post. Tra il dire e il fare, come sempre, c’è di mezzo il mare: un altro Oceano, in questo caso, scoperto nel 1513, via terra, da Vasco Nunez de Balboa, esploratore spagnolo e successivamente battezzato Pacifico, nonché attraversato, dal navigatore portoghese Ferdinando Magellano, passato attraverso lo stretto che porta il suo nome.

A determinare la scoperta di Cristoforo Colombo furono soprattutto la temerarietà, la fede e la costanza: il nuovo continente era sempre stato lì, una volta partiti e non affondati, per forza ci sarebbero andati a sbattere. Era così grande, o a nord o sud, da qualche parte sarebbero approdati. E allora, diciamola tutta, Colombo voleva trovare il modo di raggiungere le Indie, via mare, ma s'imbatté nell'America e la scoprì. E mica pizza e fichi. D'altronde non sempre le cose scoperte per caso sono le meno apprezzabili. Pensate al “casentino”: il telaio gli arruffò la lana e venne fuori un tessuto pregiato e costoso che andò molto di moda, specie tra i ceti più abbienti.

Con questo non si deve credere che la scoperta dell'America sia stata semplice come quella dell'acqua calda o del buco alla conca. I navigatori, esploratori e scopritori di mondi, non hanno una vita facile. Nemmeno una vita propria. Sempre a fronteggiare i rischi dell'incognito, lo scontento dei marinai, le rivolte degli equipaggi, le febbri a bordo, il freddo siderale, l'arsura e la fame e a disporne con vettovagliamento e razioni. Di continuo a controllare la rotta, interrogare gli astri notturni, affrontare le onde, quando si gonfiano sotto il vento che spinge in ogni direzione e tenere la propria, mantenendo il galleggiamento e la navigazione. Oppure, quando è calma piatta e il mare, in assenza di venti, non dà segni di vita e tutto invita alla rinuncia, non abbandonare mai il proponimento dell'impresa. Nemmeno sotto i morsi del sole, giorni e giorni sotto un cielo azzurro e senza nubi. Fino a che Ostro o Levante o gli Alisei non torneranno a ingrossare le vele e l'Oceano ad aprirsi al solco della nave e nella scia ribollire di schiuma. Poi controllare di nuovo i segnali del tempo, la direzione e la forza del moto ondoso. Affrontare la superstizione e il terrore del gorgo, della bestia marina, dell’uccello dalle immense ali, l’albatro urlatore, annunciatore di ventura. Proteggersi dalle burrasche, dalle tempeste marine, dalla saetta, dal lampo e dalla minaccia del tuono. Infine interpretare i messaggi della terra e dell'aria: tronchi d'albero, fronde galleggianti e voli di uccelli terraioli. E sfuggire all’insidia dei fondali e dei marosi, riparando in un porto sicuro. Quindi affrontare le popolazioni indigene, a volte pacifiche, a volte meno e non così desiderose di essere scoperte.

I navigatori hanno nostalgia del futuro e si svegliano ogni giorno con in bocca un sapore di medicina e ogni giorno affrontano il mal di mare che è la loro cura contro il mal di terra che li affligge da sempre. Perché negli occhi hanno l'orizzonte e nella vita non si sa. Forse il mare aperto e la deriva di sé.

L’ammiraglio Colombo, con tre caravelle, Niña, Pinta e Santa Maria, partì alle sei del mattino del 3 agosto 1492 da Palos de la Frontera. La mattina del 12 ottobre 1492, sbarcò su un'isola chiamata, nella lingua locale, Guanahani, che battezzò “Isola di San Salvador”, un’isola delle odierne Bahamas. Tornato in Spagna condusse altre tre avventurose spedizioni, alla volta del “Nuevo Mundo”. Di essere giunto in un nuovo continente non ebbe mai piena certezza, solo un dubbio nel terzo viaggio. E così, come si è detto, essendo l’Asia di là da un altro Oceano e la circonferenza della Terra più grande di quanto si pensasse, il nome America fu dato in riconoscimento di colui che per primo rivelò con sicurezza trattarsi di un nuovo continente: Amerigo Vespucci. Un navigatore altrettanto grande, un geografo e uno anche bravo a scrivere. Le sue lettere, grazie all’invenzione della stampa di Gutemberg, furono universalmente diffuse. Era un fiorentino e i fiorentini, anche prima di Matteo Renzi, erano gente capace e determinata, abili nelle relazioni e nelle comunicazioni.

A Cristoforo Colombo quelle che poi saranno le Americhe, non portarono molta fortuna. Anzi, lo condussero alla rovina e al discredito presso la corte di Castiglia. Conobbe anche il carcere e la successiva riabilitazione. Negli ultimi anni pisciava male e con dolore, forse troppo sale rimasto nel sangue dal mare e dall’aria salmastra; aveva ginocchia deboli e gonfie, non abituate alla terra ferma, senza il morbido rollio della nave. E soffriva di congiuntivite: gli occhi, che contenevano l’orizzonte, arrossati da troppi tramonti. Tutti sintomi, invece, della sindrome di Reiter che ne causò la morte. Colombo morì a Valladolid il 20 maggio del 1506 di un attacco di cuore. Anche quel grande cuore cessò di battere. Aveva 55 anni. Statue che lo raffigurano, a perenne memoria, sono state erette in tutto il mondo, il vecchio e il nuovo che, entrambi, aveva navigato. A Madrid e Barcellona lo ritraggono su altissime colonne, dove si erge vincitore dell’Atlantico e nel gesto di indicare la rotta. Morì in disgrazia, lasciò la scoperta di un mondo che rinnoverà il mondo, un conflitto circa la sua esatta sepoltura tra la cattedrale di Siviglia e quella di Santo Domingo, nonché una disputa ereditaria secolare. La vita, anche per i grandi, è inevitabilmente un declino, a volte viene da pensare che sia un racconto scritto male.

Pontedera, 13 Agosto 2017 

Libero Venturi

Articoli dal Blog “Pensieri della domenica” di Libero Venturi