Ancora Francesco
di Libero Venturi - domenica 01 novembre 2020 ore 07:30
Di questi tempi Papa Francesco ha detto altre due cose importanti. Le ha dette in occasioni diverse, ma non lontane tra loro. Entrambe in situazioni informali: la prima durante un viaggio qualche tempo fa e la seconda, più di recente, è stata riportata nel documentario “Francesco”, presentato alla “Festa del cinema” di Roma. Insomma il pensiero del Papa è questo: «Se uno è gay e cerca il Signore, chi sono io per giudicarlo? Non si devono discriminare o emarginare queste persone, lo dice anche il Catechismo. Il problema per la Chiesa non è la tendenza. Sono fratelli». Intendendo, mi pare, che semmai spetta all’autorità divina il giudizio e a noi compete piuttosto l’amore, la comprensione, la fraternità. Francesco ha detto in sostanza che gli omosessuali devono trovare spazio nella famiglia. E ha detto ancora, a maggior chiarezza, che per le coppie gay ci vuole un inquadramento giuridico, le unioni civili, perché possano legittimamente formare una famiglia. Due cose diverse, ma complementari.
E ad una coppia gay di formazione e fede cattolica, che gli aveva scritto per sapere se i figli, nati in seno alla loro unione, potevano avvicinarsi alla Chiesa senza che vi fossero pregiudizi, ha telefonato personalmente rassicurandoli e invitandoli a far frequentare serenamente ai ragazzi la parrocchia. Avrà telefonato anche al parroco per una raccomandazione? Capace di no, non era necessario. La Chiesa di per sé è sempre stata capace di indicibili chiusure, come di amorevoli aperture. E ora che la coppia è andata a “Domenica in” da Mara Venier, anche la benedizione del consenso, sotto forma di share, è assicurata urbi et orbi.
Papa Francesco è un grande. Modesta invece e imbarazzante, la pletora di precisazioni di prelati vari che si affrettano a ricordare che il Papa non ha inteso equivocare sul ruolo della famiglia benedetta da Dio e formata dall’unione di un uomo con una donna, che rimane quello il riferimento della Chiesa, catechesi compresa. Ed è pure inutile e sospetta la fretta con cui esponenti cattolici si sono apprestati a ricordare che la Chiesa attua già incontri con le persone omosessuali. Si avverte un imbarazzo eccessivo in questi distinguo, come uno stridore di unghie che scivolano sul vetro dove si tenta un’inutile, non necessaria, né richiesta arrampicata.
Molti cattolici, non tutti per fortuna, pensano che noi laici o non credenti, quando non in malafede, siamo anche scemi. È chiarissimo quello che sostiene il Papa e non è equivocabile. Non avrebbe bisogno di precisazioni che tra l’altro fino a ieri avrebbero costituito peccato di presunzione irrispettosa nei confronti del magistero che egli rappresenta, un tempo dichiarato addirittura infallibile. Ciò che Bergoglio ha detto non può, né deve essere frainteso o strumentalizzato, tuttavia nemmeno sminuito. Perché non è poco e l’ha detto il Papa. Un Papa pastore, prima ancora che pontefice.
Pastore tra gli uomini. E devo dire, per inciso, che a me ha fatto simpatia anche quando ha strattonato, tempo fa, quella signora che non gli lasciava più la mano. Mi sembra fosse di origini cinesi, forse Dio aveva anticipato al suo portavoce in terra qualcosa sul virus. Più probabilmente è stata una reazione umana dettata dal rifiuto dell’eccesso o più semplicemente dovuta ad un giramento di zebedei, che sono un riferimento evangelico e sono addetti, dalla creazione in poi, alla procreazione e anche al giramento. E del giramento divino c’è qualche traccia nella Bibbia, perfino nel Vangelo. Comunque il Papa si è scusato.
Insomma, tornando a noi, Papa Francesco non ha messo in discussione la famiglia tradizionale, ha richiamato semmai lo Stato alla sua funzione pubblica rappresentativa di diritti e la Chiesa al comandamento dell’amore e dell’inclusione. Ma il fatto che sia stato proprio il Papa a farlo vuol dire due cose: che questo Papa è avanti alla guida dei suoi fedeli e che, per contro, molti suoi fedeli, prelati compresi, specie i più alti, sono indietro rispetto a lui, ancora attardati in un conservatorismo retrivo oppure odoroso di untuoso perbenismo. Non ci sarebbe bisogno di dire che il Papa è solo o di paventare o minacciare scismi. Specie in materia di diritti civili, che piuttosto possono allargare e non ridurre anche la sfera dell’amore cristiano.
Tempo addietro, in occasione di scelte politiche importanti per la città di Pontedera, alla sinistra dai cattolici progressisti impegnati in politica -i quali, si badi bene, erano e sono persone per bene, spesso migliori di noi, sicuramente del modesto scrivente- fu chiesto di soprassedere sulla questione delle unioni civili. Si riteneva che la comunità non fosse pronta. La risposta fu un accordo politico sottaciuto, non c’è niente di male nel dirlo: in sede locale non avremmo avanzato una questione che sarebbe toccato al Parlamento risolvere per tutto quanto il Paese. In quel caso, nel rispetto della legge, avremmo aderito ed operato di comune accordo. Non un profilo alto e coraggioso, è vero, ma questo è stato. E a volte occorre misurare vicinanze e distanze per andare avanti insieme, come abbiamo fatto. Però a molti era chiaro ciò che omettevamo.
Così sono contento che questo Papa ci scavalchi a sinistra o sia oltre e indichi con coraggio a tutti noi, credenti e non, quello che potremmo fare più e meglio sul piano sociale ed umano, riprendendo ciò che abbiamo lasciato indietro e pensando a coloro i cui diritti non abbiamo saputo rappresentare. Perché era una nostra colpa. Buona domenica e buona fortuna.
Libero Venturi