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venerdì 04 ottobre 2024

STORIE VISPE MA NON TROPPO DISTRATTE — il Blog di Dario Dal Canto

Dario  Dal Canto

Laureato in ingegneria viaggia spesso su treni e aerei per motivi di lavoro, entrando così in contatto con un ampio ventaglio di umanità. Durante i lunghi tragitti e nelle soste in sale di attesa, disegna con le parole i profili di alcuni personaggi e le situazioni che la sua naturale curiosità estrae dai contesti. La passione per l’osservazione della vita intorno, si mantiene anche nel quotidiano e nella forte passione per il ciclismo, che segue come direttore sportivo di una storica società toscana. Parlando di sé, afferma: “Nella mia vita, come nei miei capelli, non ci ho ancora capito nulla. Per questo sul braccio ho tatuato il cubo di Rubik (scomposto), perché, come a lui … non mi si trova il verso.”

​Ferragosto

di Dario Dal Canto - giovedì 15 agosto 2024 ore 08:30

Pur essendo una importante festa cattolica per quasi tutti è solo la celebrazione dell’estate, un momento in cui fare baldoria, così tanto per fare. Una sorta di Capodanno con la sabbia tra i piedi. Coglierò anche io l’occasione della festa di Ferragosto come giorno simbolo della stagione del tanfo di sudore e dei moccoli alla ricerca del parcheggio vicino alla spiaggia, per fare un paio di riflessioni. Da un po’ di anni ero latitante dai lidi balneari, ma in questa stagione ho avuto modo di frequentarli più volte, osservandone svariate singolarità.

I coccari. Figure mitologiche, sempre più introvabili che sfidano il cambiamento del tempo. Spesso si sono evoluti con carrettini motorizzati e refrigerati trasportando non solo il frutto esotico, ma anche altre specialità sempre accomunate dall’essere rinfrescanti.

Quelli reali, storici, si aggirano col loro passo sicuro sulla sabbia trasportando da un lato il cocco alloggiato in un cesto di vimini con foglie verdi a garantirne freschezza e dall’altro un secchio di acqua. Ad ogni sosta l’esperto coccaro preleva un po’ di acqua per gettarla sul pezzi di cocco credo con lo scopo di mantenerlo umido e gradevole. Il secchio ha anche lo scopo di inzuppare ogni singolo pezzo consegnandolo al cliente prelibatamente bagnato. Visto che il cocco rientra di diritto nella top ten dei cibi che in bocca allappano terribilmente.

Ma la vera singolarità di questi personaggi senza tempo, sia motorizzati che a piedi, è il richiamo. “Cocco Bello!” La pronuncia e la cadenza sono musica, così come la straordinaria capacità di ripetere le stesse frasi sempre nel solito modo girando tra gli ombrelloni. Ancora e ancora, in un’armonia di suoni senza tempo.

Da alcuni anni la dimensione relativa dei costumi femminili si è ridotta (relativamente al rapporto tra superficie coperta e scoperta). Soprattutto la parte inferiore del bikini con particolare attenzione al lato posteriore ha subito una notevole riduzione con evidente gioia delle associazioni ambientaliste che vedono ridursi annualmente i km quadrati di stoffa prodotta. Fonti ben informate mi dicono che non solo queste categorie hanno tratto beneficio da codesta moda, ma io, non essendo nessuno per dare il mio giudizio in merito, mi limiterò a sterili considerazioni oggettive.

Giusto o sbagliato che sia il limite è stato definitivamente oltrepassato quando lei, con i suoi 154 centimetri di altezza e altrettanti di circonferenza del punto vita, il 13 agosto ‘24 si presenta in spiaggia sfoggiando un costume che rispecchia i canoni della suddetta moda. Non curante delle lonze anche sulla schiena indossa un perizomone a filo versatile ed elegante che all’occorrenza, se stesso, ed opportunamente fissato sarebbe potuto servire anche per stendere ad asciugare tre camicie e quattro paia di mutande, grosse, da uomo. E allora se hai un culo che pare una sacchettata di meduse, il lasciar andare tutto così, in libertà, non ha a che fare con la moda, ma piuttosto con il rischio di improvvise patologie cardiache a cotanta vista.

Io, intanto, me ne sto nel mare, attraverso al ciambellone gonfiabile, con le ginocchia appoggiate sul fondo lasciandomi cullare dalla risacca e con gli occhi un po’ socchiusi, cercando di spegnere il cervello. Ogni tanto mi tocco i polpastrelli delle dita e li sento raggrinziti ricordandomi di quando da bimbetto quello era il segnale che il mio bagno stava finendo, dopo essere iniziato al termine delle fatidiche tre interminabili ore di attesa post pasto. Anche questa deve essere una moda ormai passata come speriamo sia anche quelle dei fili tergali che non rendono più belle, ma solo più volgari.

O magari recenti studi di una sconosciuta università anglofona hanno dimostrato che l’attesa pre bagno era solo un modo per esercitare il potere delle mamme.

Intanto il mio bagnetto è terminato non tanto per le dita grinzose, ma perché tutto questo cullare delle onde mi ha fatto venire la nausea, retaggio anch’essa della mia infanzia.

Non sarò mai un lupo di mare con la barba, la pipa e il maglioncino a collo alto. Me ne farò una ragione. 

Dario Dal Canto

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