Biden, primo presidente USA non in guerra
di Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi - domenica 26 settembre 2021 ore 07:30
Al Palazzo di Vetro di New York Joe Biden ha aperto il suo attesissimo intervento all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, riconoscendo l'impatto globale della pandemia e dei cambiamenti climatici.
Il successore di Trump ha messo sul tavolo temi di riflessione e tempi dell'agenda: “Questo è un decennio decisivo per il nostro mondo”. Superata la retorica populista trumpiana dell'America First, si apre l'era delle alleanze strategiche multilaterali. Modello che prefigura gli USA al vertice di una leadership che poggia però su solide basi di cooperazione estera.
Meccanismi che prevedono più diplomazia e meno marines nei teatri di guerra: “Sono il primo presidente degli Stati Uniti in 20 anni a non essere in guerra. Abbiamo voltato pagina”. Riferimento al ritiro dall'Afghanistan. Dove, tuttavia, l'unilateralismo decisionale di Washington ha prevalso sul coordinamento con gli alleati della NATO.
L'inquilino della Casa Bianca, dallo scranno dell'ONU, ha evitato di entrare nella questione dei sottomarini nucleari all'Australia, nodo spinoso che ha causato una vera e propria rottura con Parigi, scippata dalla vendita miliardaria che aveva stipulato con Canberra. Smacco che ha direttamente investito l'Europa e non solo Macron. Pur non nominando la Cina, ovviamente presente nei riferimenti, gli USA manifestano particolare attenzione strategica all'evoluzione della regione Indo-Pacifico.
Un fronte, quello asiatico, dove l'imperialismo cinese è oramai in grado di competere alla pari con gli altri player. Ciononostante, Biden ha mandato un chiaro appello distensivo a Pechino: “Non stiamo cercando un mondo diviso in rigidi blocchi”. L'intento sembrerebbe quello di evitare un ritorno alla Guerra Fredda o a quella tipologia di conflitto su scala mondiale, e di non volersi imbarcare in dispendiosi costi.
La risposta del premier cinese Xi Jinping è stata cauta e conciliante: “ Le differenze tra i Paesi si possono affrontare con il reciproco rispetto e nel segno dell'uguaglianza. Il successo di un Paese non deve coincidere col fallimento di un altro Paese”. Spiragli di dialogo, che se rimangono su un livello franco e leale possono trovare esito positivo. “Useremo la forza solo come ultima risorsa”, suona allo stesso tempo come una velata minaccia e un ramoscello d'olivo offerto al nemico.
Del resto il presidente statunitense ha auspicato il ritorno alla trattativa sul nucleare iraniano, dimostrando ampia disponibilità alla riapertura del “caldo” dossier, con la sola condizione che Teheran rinunci all'arma atomica. La visione per la pace in Medioriente dell'inquilino della Casa Bianca, passa invece per la soluzione di due stati per due popoli, "la via migliore" per risolvere il conflitto israelo-palestinese. Insomma, nei piani dell'amministrazione Biden ci sono regole da registrare o rimodulare, dall'ambiente alla pandemia, dal terrorismo al commercio, affrontando pace e povertà.
Nessun cenno purtroppo ai migranti. Mentre, lungo il confine con il Messico la polizia a cavallo frusta i disperati in cerca del sogno americano.
Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi