Chi ci suggerisce cosa leggere ?
di Roberto Cerri - sabato 04 ottobre 2014 ore 15:31
In Italia escono circa 40.000 nuovi titoli all'anno. Sono un mare magnun in cui nessun comune mortale può nuotare senza affogare. Per questo c'è bisogno di mediatori o di “suggeritori” che indichino cosa vale davvero la pena di leggere e cosa lasciar perdere.
I migliori “suggeritori” sono di solito le riviste specializzate. Peccato che siano fuori dalla portata del grande pubblico. Queste riviste si trovano spesso nelle biblioteche, ma se in Italia solo un connazionale su due legge un libro in un anno, appena uno su 15 entra in biblioteca. Quindi, in Bookitaly, le riviste non funzionano come suggeritori per il grande pubblico.
Ovviamente i socialnetwork sono suggeritori formidabili. Ma la loro attendibilità è quella che è.
Valgono come il passa parola e soprattutto trattano di narrativa. Non a caso le grandi catene editoriali li finanziano. Un po' per monitorare gli orientamenti del pubblico (e quindi stampare libri “che si vendono”), un po' per orientare il pubblico verso i libri venduti dalle loro case editrici.
Poi ci sono i supplementi settimanali dei quotidiani, i quali però mi paiono tutti in crisi (non solo di identità, ma soprattutto di qualità).
Tutti, tranne uno.
Così, per non dir male dei supplementi che fanno piangere, parlerò solo del supplemento vispo e arzillo, che rappresenta, tra le altre cose, una
stranezza, una delle tante, in un paese dove per altro la “singolarità” (il “particulare” avrebbe scritto Guicciardini) prevale sempre.
Mi riferisco al Domenicale de “Il Sole 24 ore”. Sì, proprio il quotidiano di Confindustria, il riferimento della borghesia produttiva italiana, il vangelo di centinaia di migliaia di commercialisti, la bibbia di milioni di amministratori di condomini, il vademecum dell'operoso e affannato popolo delle partite IVA.
Ora a mio avviso (che è poi quello dei moltissimi che lo comprano) il Domenicale è, di gran lunga e senza alcun concorrente che lo insidi, il miglior supplemento di recensioni e segnalazioni di libri pubblicato, ogni settimana, da un quotidiano in questo paese. Ed è un buon suggeritore per almeno cinque o sei ragioni che proverò a sintetizzare.
La prima è costituita dal formidabile parterre di recensori, che godono di tre requisiti importanti: sono autorevoli, riconosciuti e competenti nelle loro materie (con tanto di titoli accademici veri al seguito). Spesso sono personaggi prestigiosi e non solo sul piano nazionale. Il secondo asset sta nella diversificazione degli argomenti trattati. Non di sola narrativa vive l'uomo. E il Domenicale non crapulonizza i suoi imprenditori e commercialisti, stanchi di una settimana di lotta sul fronte dell'economia, con testi di evasione. Tutt'altro. Chi compra il Domenicale sa che deve continuare ad usare in cervello. Anche le recensioni più semplici richiedono concentrazione perchè affrontano temi che vanno dalla storia alla filosofia, dalle religioni (declinate al plurale) alle neuroscienze, dall'economia (come potrebbe mancare?) alla matematica, dalla fisica alla sociologia, fino ovviamente alla narrativa (che qui però non la fa da padrona, ma sta un gradino sotto la saggistica).
Il quarto è l'atmosfera. Nell'ambito di un taglio editoriale ovviamente “liberale” (ma non necessariamente “liberista”) il Domenicale si concede il lusso di una certa varietà di voci che qualche volta inglobano anche quelle di pensatori radicali e di sinistra (perfino di qualche marxista, nella misura in cui oggi qualcuno continui a proclamarsi tale).
Ciliegina sulla torta: in ogni numero non mancano recensioni di libri in lingua inglese, usciti sul mercato americano o internazionale.
Ovviamente ci sono anche altri ingredienti in questo successo, ma mi fermo e rifletto.
Trovo infatti “molto pittoresco” che in Bookitaly sia proprio uno dei quotidiani più tecnici, concreti e "aridi" a produrre le migliori e più diversificate recensioni di libri. Nel paese degli umanisti, tocca insomma ai “padroni”, direbbe Renzi, darci una grande lezione “impresa culturale”. In realtà,aggiungerebbe Gramsci, si tratta di uno strumento per realizzare un'efficace “egemonia culturale”. Così in questa interessante avventura editoriale si può leggere non solo una singolare continuità col pensiero “minoritario” ma fecondo di Carlo Cattaneo e con l'esperienza del suo Politecnico, ma anche la capacità della migliore borghesia italiana di sapersi orientare e di cercare strumenti conoscitivi per tenere a galla questo multiforme paese.
Suggerire a sé e agli altri buone letture è infatti una necessità non solo per sopravvivere, ma anche per recitare un ruolo importante nel sempre più complicato e turbolento scacchiere internazionale.
Roberto Cerri