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domenica 08 dicembre 2024

RACCOLTE & PAESAGGI — il Blog di Marco Celati

Marco Celati

MARCO CELATI vive e lavora in Valdera. Ama scrivere e dipingere e si definisce così: “Non sono un poeta, ma solo uno che scrive poesie. Non sono nemmeno uno scrittore, ma solo uno che scrive”.

Pensieri & nuvole

di Marco Celati - giovedì 06 dicembre 2018 ore 12:17

Stava con i suoi pensieri e i pensieri sono come le nuvole. Vanno e vengono. A volte sono grigie e gonfie di pioggia, a volte chiare e leggere. Annunciano tempesta o portano il sereno. Seguono il vento, anzi lo precedono, essendone spinte. Come fanno i pensieri con la vita.

Era triste come un pianoforte nel pomeriggio. E solo come una galleria, ma questo l’ha scritto Pablo Neruda che da lui “fuggivano gli uccelli” e “la notte entrava con la sua invasione possente”. È “Corpo di donna”, una poesia troppo forte per lui. Lui lui, non lui Pablo. Ora l’età richiedeva e richiamava più fragili malinconie. Qualcosa come: “E assim nas calhas de roda/ gira, a entreter a razão,/ esse comboio de corda/ que se chama coração”. Che significa: “E così sulle rotaie/ gira, per intrattenere la ragione,/ questo trenino a molla/ che si chiama cuore”. Ecco, forse era quel “comboio de corda” di Pessoa, il cuore, lo scordato strumento a cui Montale dava del tu, che gli si confaceva: “il vento che nasce e muore/ nell'ora che lenta s'annera/ suonasse te pure stasera/ scordato strumento,/ cuore”.

E, quanto alla possente notte: “Oh notte dove le stelle mentiscono luce, notte, unica cosa della dimensione dell’Universo, fammi diventare, corpo e anima, parte del tuo corpo, fa che mi perda nell’essere solo tenebra e diventi notte anch’io, senza sogni che siano stelle in me, né sole atteso che risplenda dal futuro”. Tanto la realtà è sempre inferiore o superiore a ciò che noi vogliamo. Ma poi esiste davvero la realtà o è solo la nostra visione del mondo che la crea? “Il mondo esterno esiste come un attore su di un palco: sta lì ma è un’altra cosa”. Poiché “niente si sa, tutto si immagina”. E allora ”siediti al sole, abdica, e sii re di te stesso”. Sostiene Pessoa.

Ma chi mai può fare così? Chi potrebbe abdicare, sottrarsi a ciò che si è creduto o che abbiamo creduto di essere? Non certo lui. Forse avrebbe dovuto farlo tempo fa, quando qualcuno glielo aveva chiesto o qualcuna, quando le circostanze sembravano proporlo e suggerirlo. La famiglia, i figli, l’amore, perfino la voglia di scarabocchiare su un foglio. Non ce l’aveva fatta, era stata una pulsione più forte andare dietro agli eventi, essendone sospinto. Come le nubi col vento. Come i pensieri che vengono in testa. I pensieri si rincorrono, ma sfuggono sempre. Resta l’ordinaria manutenzione della vita. Della vita ordinaria: dottori, pasticche, a volte camminare. Quella straordinaria essendo già spesa: la gioventù, gli amori e gli impegni del mondo.

Resta questo sonno intermittente che induce alla veglia. Poi al mattino gli uccelli annunciano, con il loro canto melodioso, il sorgere del sole. Si richiamano l’un l’altro, come in una disputa. Si rifanno del silenzio della notte e del timore dei predatori. Dopo l’alba sembrano quietarsi, proseguono, più sommesso, il loro cinguettio. Loro sanno distinguere le albe dai tramonti. Gli uomini no, prendono abbagli, sono facili agli errori, ancora più che agli amori. Quasi quanto sono disposti all’odio e inclini all’ira. Portano dentro il bene ed il male che spesso non distinguono e pensano se’ stessi. Ci sono stati terroristi sensibili alle foglie e non agli esseri umani. Oltre il terrore e l’errore non erano niente e, come tali, li abbiamo dimenticati. Dittature e razzismi quelli ce li ricordiamo, molti ne sono ancora emuli, convinti o inconsapevoli. Sembra quasi che l’uomo non impari da sé stesso. Possa avere, insieme, questo fallace potere e questa inesauribile debolezza. L’animale gregario più solitario della Terra. Più intelligente e più sciocco.

Eppure era ancora bello, nel fresco mattino, inforcare la bici e viaggiare nella città al suo risveglio, sentire il vento in faccia, andando alla Usl a farsi un prelievo del sangue. Trovare già la fila di persone più solerti, che Dio le benedica, e attendere il turno, paziente. Fiducioso o almeno speranzoso che l’analisi risulterà benigna. Anche lui cercava quello che cercano tutti: di essere felice o comunque non infelice, di sopravvivere alla vita e non pensare alla morte. La morte e le tasse vengono da sole. Per il momento bastava già la vecchiaia. Bastava e avanzava. Per il dopo c’è tempo e non si sa che c’è dopo. Chi dice niente, chi tutto: la vita del mondo che verrà. Non ci sono depliant per l’al di là, solo santini a promettere luce perpetua e la sublimazione della nostra “fassina conoscenza della vita”, questa “vita padellara, giachetta, canederla”, mentre sei “solo e renzinante nel mondo”, per dirla con il poeta metasemantico e politico, Orfeo Bastoni, sentito alla radio. Era sempre stato un gradualista. La palingenesi universale non lo convinceva, né in terra “sicut in cælo”. Diffidava, anzi, della promessa di terre e cieli. Aveva creduto in Dio e poi nell’Uomo e continuava a pensare che sulla Terra deve essere conseguito ciò che è giusto e uguale e umano. Essendo la condizione del genere umano ciò che definisce l’umanità.

I pensieri vanno e vengono, come i ricordi. Ricordarsi di ricordare, ricordare di ricordarsi. Oppure invocare il diritto all’oblio e confidare nella naturale smemoratezza degli uomini e del tempo. Ripararsi all’ombra rassicurante della dimenticanza. Da giovane aveva preferito quest’ultima opzione, buttando documenti, rifiutando foto, trascurando presente e passato, quasi come riti propiziatori per affrettare il futuro. E ora, da vecchio, cercava le cose, ma trovava solo resti di traslochi e file non più decrittabili di una lingua disimparata e ormai sconosciuta. Provare a riannodare i capi di una corda sfilacciata era impossibile, bisognava accontentarsi di segmenti, a volte piccoli o appena più estesi, con cui una trama intera non si legava più. Non teneva. Brevi o lunghi, sempre fuggenti, impalpabili, talora indecifrabili, così sono i pensieri. E allora viene da chiedersi se siamo qui, in carne e ossa, o da qualche parte con loro. Se non siamo stati e non siamo, niente più che un pensiero.

Marco Celati

Pontedera, 21 Giugno 2018

Pablo Neruda: opera citata. Eugenio Montale: “Corno inglese”. Fernando Pessoa: raccolte “Il poeta e un fingitore” e “Una sola moltitudine” a cura di Antonio Tabucchi. Orfeo Bastoni (Leonardo Manera): “Le unse” e “Ho perso il griz” su Radio 24. Il dipinto “Pensieri e nuvole” è dell’autore.

Marco Celati

Articoli dal Blog “Raccolte & Paesaggi” di Marco Celati