Il pianto del campione
di Nicola Belcari - domenica 15 agosto 2021 ore 07:30
Il calcio è lo sport che piace ai più e che più piace. Capace di appassionare le folle, sia pure soprattutto maschili. Non a caso la cantante si lamentava del “moroso” che la lasciava sempre sola, la domenica, “per andare a vedere la partita, di pallone. Perché? Perché?” (subodorando però che andasse da qualche altra parte, tanto che minacciava di seguirlo).
Il campione è campione: che sia Michelangelo Buonarroti (ma chi è? A scuola non me ne hanno parlato) o un calciatore o un cavallo è lo stesso. È comunque l’essere eccezionale capace di prestazioni straordinarie o divine; un mito vivente, vincente, un idolo da venerare. È il genio e le sue imprese sono geniali.
E allora il pianto di un campione fa colpo. Impossibile non emozionarsi: si dovrebbe essere così cinici al punto di avere “un bidone dell’immondizia al posto del cuore”.
Non ne potevamo più dell’odioso moralismo di tutti quei saccenti con la puzza sotto il naso, i criticoni mai contenti, rosi dall’invidia e inetti, incapaci di comprendere la grandezza di un fuoriclasse, insensibili davanti all’emozione.
Che poi durante la conferenza stampa, per aiutare la sua commozione, avesse o no un pezzo di cipolla in tasca è un particolare secondario che non interessa nessun animo nobile. E se le mani vicine agli occhi nascondessero le lacrime o le provocassero è una questione da bruti disumani. Sono insinuazioni di perfidi individui di sicuro false: secondo costoro una cuoca avrebbe indirettamente suggerito tale espediente assicurando che lei piange tutte le volte che fa il soffritto.
Se tuttavia, doveste averne necessità, si consiglia la cipolla di Certaldo, ricordata dal Boccaccio e talmente famosa da campeggiare nello stemma comunale della cittadina. Capite la sciccheria!
È pur sempre un uomo in difficoltà: spendere tutti quei soldi, accumulati negli anni, è un impegno gravoso e non si riesce a immaginare come potrà fare. Il numero sulla maglia, infatti può andare ben oltre l’undici perché non indica più come una volta il ruolo in campo, ma i milioni di euro percepiti a stagione.
Sembra che alla fine della conferenza sia apparso un segno nel cielo, a quanto scrive un giornale tra i più importanti.
Anch’io, non mi vergogno di confessarlo, ho pianto. Preparando la frittata.
Nicola Belcari